NEW DESIGN 2015 12
Il termine
Food design
, divenuto di frequente
onnicomprensivo, tende a definire un ambito molto
ampio all’interno del quale risulta difficile articolare
idonee analisi e approfondimenti.
Può allora essere utile precisare e distinguere fra
design “con il cibo” (ad esempio, un certo modo di
preparare ricette, piatti o portate), design “per il cibo”
(tutti i prodotti o altro legati alle modalità di consumo e
servizio, dalle posate alle pentola, ai bicchieri) e design
“del cibo”,
food product design
, di cui ci occupiamo in
questa sede.
L’artefatto alimentare necessita di essere
indagato come un progetto integrale: dai caratteri
organolettici alla sua forma; dai sistemi tecnologici
e organizzativi per la produzione a come si colloca
in un contesto di valorizzazione, comunicazione e
consumo, fino alla gestione completa del ciclo di vita.
Non solo gli aspetti produttivi (che permettono
di realizzare a mano, a macchina, con processi
automatizzati; in pezzo unico, piccola o grande serie)
ma anche le necessarie componenti e dinamiche
che si affiancano al produrre che, fra le altre cose,
riguardano fattori funzionali, estetici, simbolici e
legati all’immaginario collettivo. In sostanza degli
stessi elementi che segnano nascita, vita e fine ciclo di
qualunque altra merce (prodotto/oggetto/artefatto,
sistema o servizio).
Va sottolineato che anche per gli alimenti è stato
fondamentale, a partire dall’età industriale, il
configurarsi di un nuovo sistema economico, sociale,
tecnologico, produttivo e culturale: una condizione
di riferimento, che in ogni caso, in particolare in
Italia, ha affiancato e si è integrata con situazioni già
esistenti in precedenza. L’attenzione e la salvaguardia
di una modalità identitaria e “tradizionale” basata
sulla qualità del cibo e degli ingredienti, che fra l’altro
trova riscontro anche nella catena delle piccole
botteghe alimentari e in quella di trattorie e ristoranti,
ha convissuto e convive con l’avvento del prodotto
alimentare industriale e della grande distribuzione,
con una diversa modalità di organizzazione domestica,
con l’introduzione della ristorazione
self-service
o
fast
food
.
Un altro aspetto peculiare – specifico in generale
della produzione di artefatti in Italia e comune a molti
settori manifatturieri, in particolare le piccole e medie
imprese – è rappresentato dalla capacità di introdurre
varianti rispetto ad un archetipo, di produrre con
piccole differenziazioni un’offerta merceologica ricca,
di costruire numerose realtà imprenditoriali attorno a
una medesima tipologia.
Ciò ha comportato estrema varietà nei cibi, negli
ingredienti, nei prodotti e, ancora, all’interno delle
singole tipologie (molti formaggi, paste, dolci, vini etc.).
Dentro il sistema complessivo dell’età industriale,
il cibo risponde pienamente alle logiche e pratiche
caratteristiche del design. Innanzitutto è progettato
per essere replicabile in grandi numeri, sempre
uguale anche nel contenuto organolettico. L’esatta
riproducibilità tecnica e alimentare impone l’adozione
di macchinari, forme e stampi, sistemi di controllo,
garanzie igieniche e così via. Il progetto ragiona
in relazione alle materie prime, alle tecnologie
produttive specifiche e alle normative, alla questione
della durata limitata, delle necessità di preparazione
e conservazione. Inoltre si occupa di aspetti
formali, sistemi specifici di fabbricazione, strategie
comunicative, packaging e molto altro. Si muove in
considerazione dei consumi di massa o di nicchia,
guarda diversi mercati, si determina dentro differenti
realtà socio-economiche, culturali, imprenditoriali-
tecnologiche-produttive.
Tutto questo vale anche per quei prodotti non realizzati
dentro il sistema seriale di fabbrica. La modalità
produttiva, e perfino quanto legato ai caratteri
alimentari dei prodotti (naturali, biologici o a kilometro
IL PROGETTO
DEL PRODOTTO
ALIMENTARE
di
Alberto Bassi
Università IUAV di Venezia