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NEW DESIGN 2015 20

Gran parte del rapporto che l’uomo ha con il cibo

passa per gli occhi: prima per gli occhi e poi per la

bocca. Prima guardiamo e poi mangiamo. E se l’occhio

non ha la sua parte la bocca non fa la sua. Vari modi

di dire esprimono o si possono riferire a questa

correlazione fra mangiare e guardare, fra cibo e vista:

“si mangia prima con gli occhi che con la bocca” o

ancora “hai più occhi che pancia”, e forse “anche

l’occhio vuole la sua parte”. Frasi che ci ricordano che

l’estetica e la forma del cibo anticipano il gusto e, in

una certa misura, lo condizionano.

Luigi Veronelli, grande esperto e cultore di vini e di cibi,

editore, anarchico, nonché il primo che – assieme a

Delia Scala, soubrette, e poi ad Ave Ninchi, attrice di

teatro – portò i cuochi in un programma televisivo in

Italia con “A tavola alle 7” (1974), diceva che “nell’atto

alimentare uomo biologico e uomo sociale sono

stretti, un onnivoro che si nutre di carni, vegetali

e di immaginario”. Veronelli metteva dunque sullo

stesso piano, o nello stesso piatto, “carni, vegetali

e immaginario”, intendendo forse che quello che il

piatto mostrava era anche un atto dell’immaginazione e

d’immagine.

I cuochi moderni, i grandi chef stellati, del resto, lo

sanno bene. Spesso sono più attenti a costruire la

loro immagine, a comunicare se stessi, che a lavorare

sui piatti. Oggi i cuochi non sono più le grandi, grosse

e grasse figure regalateci da letteratura, cartoons e

fumetti, seppelliti nelle cucine per tutta la vita. Sono e

sanno essere uomini belli, colti, eleganti, affascinanti,

istrionici, molte volte anche antipatici, che amano

mostrarsi in pubblico. Veri divi, star televisive che

preferiscono cucinare colleghi e apprendisti per

sfamare il pubblico televisivo e della rete.

Recentemente nelle librerie italiane, nel mezzo della

sterminata messe di pubblicazioni di cucina, è apparso

un piccolo libro, La repubblica dei cuochi di Guia

Soncini, che commenta con ironia e acume l’invasione

dei cuochi nella televisione e cultura popolare

1

. Troppi

cuochi. A qualsiasi ora si accenda la televisione c’è

un cuoco, pardon uno chef, che cerca di spiegarti

come si fa un arrosto, una frittura, un risotto o che

interviene su una qualsiasi questione dello scibile

umano. Spassose sono le pagine dove Soncini racconta

degli interventi televisivi di Massimo Bottura – chef

pluristellato della Francescana, il ristorante modenese

dove, tanto per intendersi, Matteo Renzi ha invitato a

pranzo François Hollande – all’interno del programma

di Jimmy Kimmel per l’emittente americana Abc,

durante il quale, per la centesima volta, ripeteva la

storia della “crostatina spaccata al limone”; oppure

l’illuminazione di Oscar Farinetti, boss di Eataly, il quale,

intervenendo nel programma di approfondimento

politico di Michele Santoro, quasi toccato dallo Spirito

Santo, ha dichiarato che Eataly “è andata nel mondo a

narrare la verità”.

GLI CHEF-DESIGNER

Ma non ci sono solo i cuochi-showman o i

cuochi-filosofi ci sono anche i cuochi che, spinti

dai produttori di pentole e di utensili per cucinare,

si tolgono il grembiule e il cappello da chef e

indossano i panni del designer. Basta poco per

trovare pentole, piatti, posate, strumenti inutili per

cucinare, “disegnati” o meglio firmati da qualche chef-

designer, che sembrano usciti dal Catalogue d’objets

introuvables di Jacques Carelman

2

.

Cuochi designer, creatività oltre i fornelli è il titolo

di un redazionale pubblicato nelle pagine online del

settimanale “l’Espresso food&wine” che ho trovato

fra i primi risultati digitando in Google “cuochi e

designer”. Basta leggere le prime righe del pezzo – una

serie di brevi testi che accompagnano una selezione

di immagini di prodotti – per farsi una idea delle

derive retoriche che la strada dalla cucina al design

MANGIARE

CON GLI OCCHI

di

Giorgio Camuffo

Libera Università di Bolzano

1

Guia Soncini, La repubblica dei cuochi, Bologna, il Mulino, 2015.

2

Catalogue d’objets introuvables et cependant indispensables aux

personnes telles que acrobates, ajusteurs, amateurs d’art, alpinistes...,

Paris, Balland, 1969.