NEW DESIGN 2015 22
comunicare. A tavola si parla di affari, di politica,
di sesso, di cultura, a tavola si spettegola, si fanno
progetti e si distruggono amori. Si litiga, si prendono
decisioni importanti.
Oggi molti artisti e designer usano la cucina e la tavola
come pratiche per stare insieme, per incontrarsi,
scambiare conoscenze, creare uno spazio di riflessione.
Cucinare, mangiare, stare seduti a tavola diventano un
modo per condividere interessi, al di fuori degli schemi
istituzionali di gallerie, studi, musei, scuole, e dai tempi
e modi delle occasioni ufficiali.
Martino Gamper, star internazionale del design,
organizzava a Londra, e non solo (una volta lo ha fatto
anche nel mio studio a Venezia), la Trattoria Cappello.
Mentre cucinava zuppe enormi, condivideva discorsi,
idee, notizie e progetti con designer, artisti, fotografi e,
semplicemente, con gli amici. Da queste serate Martino
e molti giovani talenti sono usciti sazi di cibo e di idee.
ANTIPASTO
Ho iniziato a interessarmi delle possibili
tangenze tra cucina e design per caso, sfogliando
qualche anno fa un numero di una serissima rivista
svizzera di grafica “Typografische Monatsblätter”, che
ha pubblicato un articolo su questo argomento. Nel
testo l’autore cercava i punti in comune tra la tecnica
del designer e la tecnica del cuoco, confrontando
i saperi, gli oggetti, le attitudini, gli strumenti e le
tecniche. Ricordo di essere stato colpito dalle immagini
che accompagnavano il testo e che mettevano a
confronto le fasi del cucinare con quelle del processo
progettuale. Purtroppo non riesco più a trovare
l’articolo – al contrario dei bravi cuochi, io sono
alquanto disordinato.
PRIMO PIATTO
Una delle più belle lezioni di design l’ho vista
fare a un cuoco. Non un cuoco qualsiasi, ma Ferran
Adrià, il grande chef spagnolo di elBulli
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.
Possibile? Mi occupo di design da almeno trent’anni,
insegno design, ho partecipato e ho organizzato
conferenze e workshop di design, ho incontrato grandi
maestri del design contemporaneo, eppure la più bella
conferenza di design l’ho vista fare da un cuoco, non da
un designer.
Sì, è possibile. Non voglio spingermi a dire che Adrià è
un designer – e sulle pretese dei cuochi designer ho
già commentato sopra – ma riconosco nel suo modo
di lavorare molte tangenze e affinità con il lavoro del
designer. Adrià progetta tutto, il cibo, i piatti, la tavola,
le sedie, gli strumenti per cucinare, la comunicazione, i
tempi, la sua immagine, i libri, il suo futuro.
Ho incontrato Adrià per la prima volta quando lo
ho invitato a Fabrica – il Centro di ricerca sulla
comunicazione del gruppo Benetton. Volevo
mostrare agli studenti che anche una professione
apparentemente distante, come quella del cuoco, se
ci sono le idee e se ci sono dedizione e passione, può
essere esaltante e ricca di ispirazioni. Non mi sbagliavo.
Nelle slide che Adrià aveva portato per accompagnare
il suo discorso non c’erano foto di cucina ma schemi
di processi, invenzioni di oggetti, studi e ipotesi per
nuove tecniche di cottura e di alimentazione. Anche
il suo modo di progettare il lavoro – come ce lo
raccontava – era molto originale. Conoscendo bene i
processi digestivi, lui calcolava al minuto i tempi delle
sue portate che per una cena erano tra le 30 e le
40. Inoltre teneva aperto elBulli solo 6 mesi all’anno.
Durante gli altri mesi, Adrià andava in giro per il mondo
a fare ricerca, cercava prodotti ma anche tecniche
di cottura o nuovi strumenti. In cucina, con lui c’era
sempre Luki Huber, un designer con il quale progettava
strumenti nuovi per cucinare le sue invenzioni
gastronomiche. Collaborava inoltre con Marta Mendez,
una grafica spagnola, che lo aiutava a tradurre
visivamente le sue idee.
Recentemente Adrià si è spinto oltre. Ha di nuovo
spiazzato tutti, ha chiuso il ristorante e ha trasformato
elBulli in una fondazione e in elBullilab, un centro di
ricerca che coinvolge circa 70 persone tra cuochi,
designer, nutrizionisti, e che ha come obiettivo “comer
conocimiento para alimentar la creatividad”.
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Nel 2014, ai progetti e ai processi gastronomici di
Adria il Museum of Contemporary Art di Cleveland ha
dedicato una mostra Ferran Adrià: Notes on Creativity.
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Suggerirei a tutti, ma sopratutto ai designer, di leggere
le interviste ad Adrià pubblicate nel catalogo stampato
in occasione di questa mostra.
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SECONDO PIATTO
Uno dei designer americani più celebri, editor
di “Colors”, la rivista del Gruppo Benetton, e autore
di molti progetti che hanno influenzato il design
contemporaneo, Tibor Kalman, ha dovuto una buona
parte del suo successo iniziale alla comunicazione che
aveva realizzato per il Restaurant Florent,
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un bistrot
di culto in Gansevoort Street nel meatpacking district
di Manhattan, frequentato da artisti, attivisti gay e da
intellettuali newyorkesi (il locale ha chiuso nel 2008).
Giocando con i doppi sensi e con i détournement
visivi, Kalman aveva costruito attraverso la pubblicità
e una serie di semplicissimi oggetti, come i fiammiferi,
le cartoline e i menu, un’immagine e un immaginario
straordinario per il ristorante e per sé.
Sembra quasi che quando c’è di mezzo il cibo tutto
diventa un po’ più facile. Il cibo facilita la comunicazione.
GIORGIO CAMUFFO
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https://it.wikipedia.org/wiki/Ferran_Adri%C3%A0.4
http://www.lastampa.it/2011/07/30/societa/gelatine-e-salse-l-ultima-cena-firmata-adria-dojFxc5PLuhJ69zEcSPl6I/pagina.html.
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http://elbullifoundation.com/elbf2/home/.6
http://www.drawingcenter.org/en/drawingcenter/5/exhibitions/9/upcoming/502/ferran-adria/.
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Ferran Adrià, Notes on Creativity, The Drawing Centre, 2014.
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http://www.restaurantflorent.com/florentindex.html